Effetti a breve termine degli allineatori invisibili sulla funzione masticatoria
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10 Maggio 2024Approfondimento sui risultati dello studio Poggio & Manfredini, 2023
Il 6 dicembre scorso, su Journal of Esthetic and Restorative Dentistry, rivista dell’American Academy of Esthetic Dentistry, è stata pubblicata un’interessante indagine sull’effetto sull’attività elettromiografica dei muscoli elevatori della mandibola di alterazioni della relazione maxillo-mandibolare dalla posizione di massima intercuspidazione (MIP) ad una posizione di relazione centrica (CR) con aumento di dimensione verticale.
Nella fattispecie, il lavoro di Poggio & Manfredini, 2023 ha analizzato, tramite elettromiografia Teethan®, il pre- e post-incremento di DVO – con bite – di 15 soggetti, in MIP e CR.
I risultati dello studio hanno evidenziato come:
- non sussista nessuna riduzione dei valori di massimo serramento volontario (MVC), a seguito di un aumento di dimensione verticale utilizzando la posizione di relazione centrica
- si registri, al contrario, un leggero aumento dei livelli massimi di contrazione volontaria raggiungibili dai soggetti esaminati, incremento probabilmente giustificato dall’aumento della DVO e dal maggior comfort di un bite rispetto al serramento in massima intercuspidazione.
Questi risultati mostrano come la posizione di relazione centrica, grazie all’assenza di cambiamenti negativi sulla funzione neuromuscolare, possa essere considerata a tutti gli effetti una posizione di riferimento per trattamenti riorganizzativi dell’occlusione.
Per approfondire il tema, abbiamo intervistato il Dott. Carlo Poggio*, autore della pubblicazione insieme al Prof. Daniele Manfredini**.
Cosa vi ha spinto ad investigare questo quesito clinico? Quale esperienza quotidiana, o confronto con altri colleghi, o mancanza di evidenza scientifica vi ha spinto a ricercarla?
C’è una grossa confusione in ambito di principi di gestione occlusali dei trattamenti restaurativi protesici, specialmente di quelli più estesi.
Nessuno credo più discuta sul fatto che se devo procedere con una ricostruzione semplice (es. una corona, un ponte), mi sarà sufficiente adattarmi a quella che è la posizione del paziente, ovvero la massima intercuspidazione. Al contrario, nel caso di terapie protesiche estese, quali quelle in soggetti con estese edentulie o in condizioni di parodontiti di stadio 3 o 4 con deficit masticatorio, o ancora in situazioni di esteso danno delle superfici dentali (usura dentale, conseguenze di patologia dentale estesa o parodontale, etc.), spesso, la domanda è:
- in che posizione sarà più conveniente andare a ricostruire?
- Devo comunque conservare una posizione preesistente, qualunque essa sia, perché è quella “naturale” del paziente?
- Posso andare per tentativi cercando una qualche posizione?
- Posso utilizzare qualche criterio specifico, guidando il paziente in una posizione di convenienza terapeutica?
La confusione che vige su questo tema in parte deriva da una serie di questioni storiche: nel corso di molti decenni, in varie fasi sono state sviluppate filosofie occlusali generalmente derivanti da necessità clinico pratiche di ogni singola epoca. La generalizzazione effettuata sovente, da necessità pratiche in teorie globali di descrizione della funzione masticatoria, non sempre ha prodotto risultati ottimali.
Negli Anni ’10 e ’20, ad esempio, la grande maggioranza delle terapie protesiche era rappresentata da protesi totali, con conseguente sviluppo di sistemi e tecniche protesiche legati al dover gestire tali dispositivi. Buona parte degli articolatori nascono in questo periodo, con l’obiettivo pragmatico di ridurre i tempi di adattamento clinico alla poltrona delle protesi totali.
Dagli Anni ’30 agli Anni ’50, i principi descrittivi del funzionamento degli articolatori, che sicuramente semplificavano le procedure in protesi totale, furono trasferiti tout court alla produzione di terapie protesiche di tipo fisso, innescando una serie di equivoci.
Fra questi principi, nati dalla protesi totale, il concetto di Relazione Centrica, utile in situazioni di assenza o inadeguatezza del riferimento fornito dalla posizione di massima intercuspidazione, quindi nell’ambito della gestione dei pazienti edentuli, divenne purtroppo anche criterio diagnostico su cui basare valutazioni di salute/malattia del sistema masticatorio. L’applicazione di principi di terapia nati per la protesi totale, sviluppati sugli articolatori, riapplicati all’analisi della dentatura in protesi fissa, innescò una serie di equivoci e di veri e propri errori procedurali.
In una certa fase della costruzione della pseudoscienza chiamata gnatologia la posizione di relazione centrica divenne il parametro determinante per la valutazione dello stato di salute di pazienti con dentatura naturale e semplice necessità di restauri di tipo fisso (corone e ponti). Da un certo punto in avanti addirittura la presenza di una discrepanza tra posizione di massima intercuspidazione e posizione di contatto dentale in relazione centrica divenne il parametro sulla base del quale, per decenni, vennero basati trattamenti oggettivamente non necessari.
Negli Anni ’70, di fronte ad un evidente abuso di concetti gnatologici basati sulla relazione centrica come criterio determinante, alcuni clinici iniziarono a osservare come la ricerca obbligata di una posizione maxillo-mandibolare potesse essere una forzatura, addirittura un elemento controproducente.
Fra i vari clinici, il Dott. Frank Celenza (New York, USA) va ricordato fra i primi a mettere in discussione il dogma gnatologico della coincidenza tra posizione dei denti in relazione centrica e massima intercuspidazione del paziente, sottolineando l’importanza di preservare la posizione di massima intercuspidazione naturale del paziente, riservando viceversa l’utilizzo della posizione di relazione centrica esclusivamente ai trattamenti protesici più estesi e con reale necessità di riorganizzazione di tutte le superfici occlusali.
Sempre nello stesso periodo, l’utilizzo di tecnologie prima non disponibili, quali i primi sistemi di elettromiografia di superficie e di stimolazione TENS, diede vita a filosofie di trattamento da un lato diametralmente opposte alla classica gnatologia, dall’altro paradossalmente simili ad essa, quanto alla ricerca di una posizione ideale di riferimento cui portare tutti i pazienti, sostituendo a una posizione di relazione centrica trovata manualmente una posizione chiamata di miocentrica, trovata strumentalmente.
A fronte di questa ricerca di una posizione magica, è utile ricordare una citazione decisamente pragmatica dello stesso Celenza: “La precisione della posizione occlusale è più importante della posizione stessa”, ovvero la predominanza della stabilità di contatti in una certa posizione sulla natura esatta della posizione stessa.
Figlia dell’epoca neuromuscolare e delle battaglie ideologiche tra scuole differenti, la letteratura presente sul tema delle risposte muscolari all’utilizzo della posizione di relazione centrica, riporta dati contraddittori, in parte anche negativi riguardo l’uso di questa posizione ed i suoi effetti sulla funzione muscolare.
Per queste ragioni, insieme a Daniele Manfredini, all’interno di un percorso di rivalutazione del termine “Relazione Centrica”, che abbiamo affrontato anche in un recente altro articolo (Manfredini D, Ercoli C, Poggio CE, Carboncini F, Ferrari M. Centric relation-A biological perspective of a technical concept. J Oral Rehabil. 2023 Nov;50(11):1355-1361), abbiamo deciso di analizzare un campione di soggetti sui quali simulare in modo reversibile ma ben stabile un rialzo di dimensione verticale in relazione centrica.
I risultati della ricerca mostrano come il cambiamento di DVO sia stato ben accolto, non introducendo alcuna alterazione significativa del MVC né alcun peggioramento degli indici neuromuscolari. È tutto fenomeno di compenso da parte del paziente?
Sicuramente il paziente si adatta, in quanto l’adattamento e la tollerabilità sono due elementi intrinsechi dei nostri sistemi biologici. All’interno di un range di tolleranza, molto più ampio dei cambiamenti normalmente richiesti per esigenze restaurative, c’è una ampia capacità dei muscoli di adattarsi bene. Questo range è piuttosto ampio ed esteso, da cui la difficoltà e la confusione, già citati, nel definire la posizione più adatta, perché in realtà tantissime posizioni funzionano, da cui il proliferare di tecniche e definizioni simili ma con lievi differenze, sostanzialmente tutti funzionanti.
La cosa fondamentale è, dal nostro punto di vista clinico, che, con buona pace di decenni di lotte filosofiche e di prese di posizione a priori su cosa usare e cosa no, l’utilizzo di posizioni di semplice rilevazione manuale, come la posizione di relazione centrica, non presenti nessuna controindicazione rilevabile dal punto di vista elettromiografico.
Quale messaggio i nostri lettori è bene si portino a casa per una pratica quotidiana più fluida e scientificamente robusta?
Che fare valutazioni puramente pragmatiche è fondamentale per gestire al meglio i casi complessi di riabilitazione. In passato ci si è concentrati sullo scontro ideologico, prettamente filosofico, sui pro e i contro di determinate posizioni, lasciando che le evidenze a supporto di scelte operative dell’odontoiatra passassero in secondo piano.
È importante, invece, approfondire questi temi perché il clinico, nella costruzione dei suoi processi di lavoro, sappia: come ottenere la giusta stabilità per progettare la ricostruzione; sia in grado di gestire in tempi adeguati le fasi di trattamento per garantire ai propri assistiti un ripristino della Qualità della Vita nel modo più veloce possibile, ottimizzando al contempo la comunicazione con tecnici e laboratori, grazie a principi terapeutici semplici, stabili e ripetibili.
Esattamente le caratteristiche che riconosciamo alla posizione di relazione centrica.
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**Daniele Manfredini
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